Farsi sopraffare dalla rabbia o orientare la propria energia?

La rabbia e la mitezza come sabotaggio

Sulla rabbia e l’aggressività, così come sui loro opposti, hanno scritto tutti i grandi. Poichè si lega al tema della energia vitale, questo tema si espande dai livelli più basici (la rabbia come reazione) a quelli più elevati (l’energia vitale e la connessione con la Fonte), passando per quelli sociali (il senso di giustizia).
Qui, nell’ottica di un processo di coaching sistemico, che mira ad integrare le polarità per portare la persona ad esprimere il proprio potenziale, vogliamo parlare intanto proprio della sua complessità e poi offrire una opportunità di lavoro per dare un senso a questa forza.

La funzione di un’emozione primordiale

Lo spettro delle emozioni è molto variegato (v. sotto l’immagne della cosiddetta Ruota immaginata da Robert Plutchik nel 1980), ma possiamo dire che quelle fondamentali sono le tre cosiddette negative le quali ci muovono (da qui la parola) da uno stato di disagio: rabbia, paura e tristezza. Per altro l’ultima è già una conquista evolutiva dei mammiferi. Tipicamente, gli animali più semplici sperimentano solo due emozioni, ovvero l’attivazione alla fuga/nascondimento, che è la paura, e quello di lotta, la rabbia (Jacques Fradin). Notoriamente queste strategie “fight or fly” vengono adottate anche dai rettili incluso il cervello rettiliano dentro di noi, quel serpentello composto da spina dorsale e cervelletto. Chiave dell’intelligenza emotiva è allenare la coscienza a percepire immediatamente che una energia primordiale e sostanzialmente non consapevole sta emergendo, ovvero in termini neuroscientifici far intervenire la corteccia prefrontale a gestione del cervello rettiliano (David Goleman).

Ruota di Plutchik

La rabbia ci porta alla scelta di combattere il pericolo quando intervengono tre situazioni molto simili e collegati fra loro:

  1. il superamento dei confini da noi stabiliti da parte dell’altro (es.: il cane sulla porta);
  2. la minaccia di una sottrazione di risorse (es.: la chioccia e le sue uova);
  3. l’affermazione della propria ragione (es.: un collega.. o noi stessi.. in riunione).

Il che ci porta a una parentesi necessaria quando si parla di rabbia: la giustizia come “zona erronea”. Wayne Dyer ha scritto un libro che da ragazzo ho trovato interessantissimo e che pur essendo, o proprio per questo, destinato alla massa non esito a consigliare a chi inizia un percorso di coaching. Ne “Le vostre zone erronee”, che è come lui chiama le principali convinzioni sabotanti, c’è anche la giustizia. Credere e lottare per una idea di giusto e sbagliato con la maturità diventa relativamente poco sensato: esistono certo valori etici e obiettivi sociali condivisibili, ma non si tratta di confronto tra “bene e male”. In breve il caso 3 di cui sopra è un “lavoro per il coach”: non chi ha ragione o chi a torto, ovvero chi prevale su chi, è un tema per cui lottare, ma quali obiettivi vogliamo conseguire e insieme possiamo raggiungere. Qui non si fa un’apologia della mitezza in sè, anzi! Ma è importante decidere dove mettere l’energia limitata che abbiamo a disposizione.

 

Se i demoni mi abbandonano,
temo proprio che gli angeli li seguiranno.

— R. M. RIlke

 

L’immaginario cinematografico ci riporta a scene di sfoghi terapeutici su cuscini e materassi, ma nemmeno in seduta – come ci ricorda Leonard Scheff – è ormai considerata buona norma lasciare che la rabbia e tutte le sue scariche ormonali circoli.
Il titolo del consigliabilissimo bestseller di Scheff, “La Mucca nel Parcheggio”, è presto spiegato: se invece del brutto ceffo (giudizio 1) con macchinone aggressivo (giudizio 2) da spacciatore (giudizio 3) a rubarti il parcheggio fosse una paciosa mucca, ti arrabbieresti?

Cosa allora ci sta portando a fare? Quali sono i motivi e soprattutto gli obiettivi?

La domanda è: che ci vuoi fare con quella energia?

 

O figlio di buona famiglia, il loto, il giglio d’acqua ed il fiordaliso
non nascono nelle sabbie del deserto, ma nascono nella melma.
Allo stesso modo, le qualità del Buddha
non nascono presso gli esseri già risvegliati,
ma presso gli esseri immersi nella melma delle emozioni negative.

— Vimalakīrti Nirdeśa Sūtra

 

Ma questa rabbia ha una direzione? Ovvero: la nostra ira ci porterà in un luogo migliore o peggiore di dove siamo ora?

Di per sé, come tutte le emozioni, la rabbia ha una funzione precisa e positiva. La sua forza ci riconnette alla nostra energia vitale. Hubert Benoit nella sua “Supreme Doctrine” così racconta lo scatto d’ira: «…questa mobilitazione della mia energia in risposta all’energia proveniente dall’esterno (in questo caso, l’uomo che mi sta disturbando) produrrà una reazione secondaria da parte della mia coscienza intellettuale; e questa reazione secondaria tenderà a ristabilire in me l’immobilità originaria per mezzo della disintegrazione dell’energia mobilitata».

Qui credo che Jung – quando parla degli archetipi del Guerriero e dell’Angelo Custode – dia uno spunto innovativo per trasformare questa energia in consapevolezza e autorealizzazione.
(D’altronde è con questo “farci qualcosa” che Marco Guzzi vede con Denis Gira un contributo del occidente e del cristianesimo rispetto alla pur fondamentale consapevolezza degli orientali… ma questa è un’altra storia)

È necessario disintegrare quell’energia? Sì.
Ma non è necessario farlo in uno sfogo insensato (per quanto possa essere una strategia per evitare di essere sopraffatti). Occorre – è un tema vitale! – trovare il modo per incanalarla, indirizzandola e usandola fino ad esaurirla in un’azione consapevole.
Certo, stiamo parlando pensando a quella forza che ci sostiene e ci rende vivi (v. Antonio Blay, del quale qui trovi una meditazione sua in spagnolo e qui una della sua allieva Claudia Casanovas in Italiano) più che a quella emotività che emerge da un fatto triviale, eppure quest’ultima è dispersione della stessa energia non da sottovalutare: spesso si tratta della frustrazione di esigenze di autorealizzazione – sacrosante e in senso letterale, come spiego poco più avanti – disperse o frustrate. Questo accade subdolamente anche con attività apparentemente innocue come un impegno notevole in palestra o in altre attività pur sane di per sé, come il sesso o il lavoro: disperdere energia vitale in attività prive di senso (e ce ne rendiamo conto perchè non proviamo una sensazione di ricarica, ma di esaurimento) è un altro modo per sabotarci.

Ti aspettiamo al
Laboratorio di costellazioni sistemiche n.3
“LA FORZA DELLA VITA: RABBIA, MITEZZA E AUTOREALIZZAZIONE “

Sabato 13 maggio ore 15:00 – 18:00
Domenica 14 maggio ore 10:00 – 13:00
Napoli Centro Storico

Seguendo la falsa riga degli archetipi Junghiani, dopo il senso di colpa e la mancanza di fiducia, lavoriamo sulla forza e la sua ombra violenza. Non a caso l’archetipo che più a che fare con questo tema, il Guerriero,  evolve non nella mitezza dell’Angelo Custode che anche affronteremo, ma nel Creatore, il quale è consapevole della sua funzione nel mondo ed avendo stemperato l’ego alla Fonte (di qui il “sacrosanto”…), genera nuovi scenari per lui e per gli altri. Da quella stessa Fonte da cui promana il talento, peraltro, non mancheranno mai di scaturire anche benessere e abbondanza, se si manterrà la perseveranza del Guerriero nel perseguire la realizzazione del proposito. Vedremo anche come l’Angelo Custode è una polarità della stessa energia.

Con un lavoro molto pragmatico e mirato, basato sul metodo delle costellazioni sistemiche, indagheremo le ragioni della nostra rabbia (o del nostro senso di impotenza), alla ricerca della direzione autentica a cui ci vuole condurre.