Trasformare i nemici interiori in alleati: 2 – La paura del fallimento

Cosa accade quando un capo o un collega mette in discussione la tua idea, oppure i clienti tardano nell’accettare le tue proposta (e sei lontano dal raggiungere il budget annuale)? Tendi ad abbatterti o vai avanti senza esitazioni?

Se c’è un elemento che contraddistingue le persone di successo, quello è la perseveranza di fronte ai fallimenti che incontrano nel loro cammino e la capacità di trasformarli in opportunità. Guardiamo con ammirazione le persone che perseguono tenacemente il loro obiettivo anche davanti ai “no” ed agli insuccessi.
Ci sono molte doti che possono entrare in gioco in questa capacità: per esempio, una visione chiara dell’utilità del progetto, una profonda motivazione etica o ancora una convinzione incrollabile nelle proprie abilità. Tutte queste caratteristiche hanno una cosa in comune: permettono di superare la causa numero uno di tutti gli insuccessi: la paura del fallimento.

Fare o non fare. Non c’è provare.

Per dirla con la leggenda dell’hockey Wayne Gretzky: «Sbaglierai il 100% dei tiri che non fai». Questa frase è diventata un vero mantra del coaching. Ed a ragione! Contiene un elemento fondamentale di ogni azione efficace… fare il primo passo. Suona banale, ma la maggior parte dei processi di coaching inizia con un “ma io ci ho provato…”. Non esiste sforzo di volontà in grado di farci compiere più o meno intensamente l’azione di “provare”. Facciamo un esercizio entrato negli annali del coaching durante una conferenza di Tony Robbins: alzati in piedi ora (sì, ora!) e prova a sollevare la sedia o qualunque altra cosa sia davanti a te. L’hai sollevata? Bene, allora non hai provato a sollevarla, lo hai fatto. Non puoi fare assolutamente nulla che sia “provare”.

E se anche fallissi?

La frase ha però un gran pregio: “ci ho provato” è l’alibi perfetto per coloro che in realtà hanno troppa paura dell’insuccesso e li conferma sul fatto che non ce la possono fare.

Come avrai notato anche nel precedente articolo, e vale la pena di sottolinearlo di nuovo, i nostri detrattori hanno potere su di noi perché “si alleano” con una parte interna di noi. Si tratta di una vocina interiore che in realtà dice le stesse cose negative di quel capo o quel collega, ma fino ad oggi era così flebile che hai potuto fingere di ignorarla. E adesso che qualcuno con autorità le dà ragione, si fa grossa e “proietta” sull’altro quello che tu non hai avuto la forza di ascoltare. Se ti sembra che queste parti siano infantili, non sbagli. D’altronde si sono formate molto tempo fa, quando eri molto giovane, e ti hanno permesso di sopravvivere nel mondo. Oggi risultano un po’ eccessive nelle loro reazioni, dato che tu non sei più così vulnerabile. Ma se ancora reagisci emotivamente davanti a quelli che ti prospettano il fallimento, il fatto è che ancora non lo sai.

Una soluzione

Qualche insuccesso è inevitabile. Si dice che Benjamin Franklin ottenne una lampadina funzionante al suo millesimo tentativo, dopo aver scoperto, come disse lui, “novecentonovantanove modi su come non si fa una lampadina”. Il processo creativo è fatto di tentativi e non nasciamo con le istruzioni per l’uso per fare le cose (e se vuoi essere innovatore, nota che questo vale a maggior ragione per quelle cose che ancora non esistono!).
Come massimizzare la nostra efficacia padroneggiando i nostri stati emotivi, mentre minimizziamo i rischi oggettivi di un determinato progetto?

Accogli la tua emozione

Come anche per il censore interiore, la prima cosa da fare è dare uno spazio alla voce interiore. Quella paura che senti, è la paura che provano tutti, anche i più grandi: non c’è niente di più umano che avere paura. Puoi dirti che anche il tuo idolo prova qualcosa di molto simile: ed è certamente vero! Fa parte di te (come di me) e non è ignorandola che la controllerai, al contrario. Dice Jung «quello a cui resisti, persiste», mentre se prendi contatto con l’emozione scoprirai che quella non è che un messaggio e di per sé non è in grado di ferirti.

  1. Distingui i messaggi fondati dalle manipolazioni. La prima è che avrai fallito come persona: no, quello che è in gioco non sei tu, ma è solo uno dei tuoi tanti progetti.
  2. Definisci con chiarezza il risultato. Dettaglia in maniera chiara il tuo obiettivo, che sia circostanziato, misurabile e realistico rispetto al contesto, la tempistica e le risorse. In questo modo, la parola “provare” inizia a scomparire.
  3. Fai un elenco delle risorse. Ripercorri i tuoi successi e prova a considerare quello che oggettivamente sei in grado di fare o puoi trovare nell’ambiente. Se manca qualche competenza, dai un po’ di soddisfazione alla paura del fallimento, e cerca di apprendere o chiedere l’aiuto di altri (magari già nel tuo team).
  4. Dai uno sguardo al caso peggiore. Se le cose andassero male, sarebbe così grave? Come puoi minimizzare le perdite? Hai un piano B? Soprattutto, non credere nella legge di Murphy, ma fai il salto dal pensiero negativo al pensiero positivo.
  5. Prepara un piano di azione. Prova a immaginare che hai ottenuto il risultato. Dettaglia i passi necessari che farai (sì, continua a pensare all’ “indicativo” e non al “condizionale”) e vai sempre più in dettaglio fino ad avere una serie di piccoli passi realistici da compiere.

Proiettati nel futuro

Puoi anche usare una delle mie tecniche di coaching preferite e, invece di rimanere solo “nel mentale”, fai fisicamente un cammino su una linea del tempo, disegnata, indicata con lo scotch carta nel luogo in cui ora ti trovi. 
Ed ora immagina: sei, decidi tu, a tot mesi da ora, nel momento in cui hai ottenuto il risultato: quali sono i fatti oggettivi che ti dimostrano che ce l’hai fatta? E, interiormente, che sensazioni percepisci nel corpo, cosa pensi, che emozioni provi?
 Poi fai un passo indietro e domandati, dove eri e quale ultimo passo hai materialmente compiuto per raggiungere l’obiettivo, ma anche come ti sentivi e cosa pensavi.
 E così via, fino ad arrivare al momento presente. E a questo punto…

Qual è il primo passo che farai?

 

Articolo pubblicato per la prima volta su Mondolavoro.it