I propositi che sì vanno in porto

Se i piani di azione falliscono.

Come funziona il coaching? Con domande che definiamo potenti, un coach permette alla persona di rivedere le opinioni riguardo il proprio potere di cambiamento. Facilita la (messa in) discussione delle convinzioni a livelli via via più profondi, dall’ambiente, passando per le competenze, fino alla propria identità. Rimossi gli ostacoli, il cliente viene condotto verso quello che invece chiamiamo il suo “centro”, ovvero comprendere e sviluppare la propria autenticità. Se questo processo è condotto da ambo le parti in modo sincero ed autentico, cosa potrebbe mai andare storto (no ironia)?

A volte hai successo, a volte impari.

Intanto dobbiamo rimuovere questa di convinzione: non esiste un processo di coaching  perfetto, non c’è (e, spoiler, non ci sarà) la perfettamente concepita e condotta serie di sessioni di cambiamento e centratura, usciti dalla quale si ottengono i risultati attesi. E che questo possa avvenire in tempi stretti.

1. Siamo sempre a rischio autoinganno.

Il nostro cervello pensa in tutta buona fede che ci siano cose che corrispondono perfettamente alla nostra natura (diciamo vicine al nostro centro). Ma quale natura? Qui sta l’inghippo. Poiché siamo stati forgiati da cultura, tradizioni e famiglia, è molto difficile districarsi in mezzo a questa giungla di condizionamenti per arrivare al cuore.

2. Il corpo ti da la risposta, ma prima devi sperimentare.

La risposta poi non arriva dal ragionamento. Occorre mettersi alla prova delle emozioni, ovvero stare nell’esperienza e sentire se con quella raggiungiamo uno stato di soddisfazione.
Aggiungiamoci pure che quello che funzionava fino a ieri – informazione utilissima su cui facciamo spesso affidamento in sessione – potrebbe non funzionare oggi.


Non resta che questo: sperimentare e vedere come ci si sente, permanendo nell’esperienza con il minimo di perseveranza necessaria.
(A volte si chiede di pazientare molto tempo quando l’obiettivo è molto importante, come ad es. vivere della propria passione, cosa che al sottoscritto ha richiesto anni. Ma è anche vero che a quel punto entra in gioco la determinazione, la quale non è tanto un valore, imho, quanto un sintomo.)

3. La pazienza è la virtù dei forti. Ma anche fede, speranza e carità…

Abbiamo iniziato dicendo che i piani di azione non funzionano, ma non è del tutto esatto. Mi spiego: potrà avvenire che non otterrai quello che ti aspettavi, e tuttavia è possibile che arrivi qualcosa di meglio totalmente inaspettato.
Ho notato questo nella mia esperienza: i migliori risultati, quelli vanno molto al di là delle aspettative, arrivano mentre stai perseguendo qualcos’altro o addirittura arriva proprio quello che cercavi, ma mentre dici “sì” a una alternativa meno interessante.

Il mio collega e amico José Manuel Sanchez del Centro Europeo del Coaching di Madrid, che in questi giorni – esempio di perseveranza! – compie i 10 anni, dice sempre che la vita deve vederti in movimento: «ecco, questo qui non è un soprammobile, bisogna che gli diamo l’opportunità di ottenere dei risultati utili»!

La vita è quella cosa che ti capita
mentre sei occupato a fare altro
~ John Lennon

La frase di Lennon quì sopra non vuol dire tanto che le esperienze dolorose ti svegliano dal torpore dell’abitudine (che anche…), ma che l’impegno che metti in qualcosa spesso è ripagato con un risultato differente, ma più in linea con te. In questo senso bisogna saper sopportare (con speranza) il fatto di ottenere un second best per un po’,  confidare nel processo della vita (vogliamo dire che è “fede”), ma anche sapere che l’impegno che ci metti serve a un proposito più grande (“carità – amore”), il quale sempre ripaga alla fine anche se per qualche tempo ci mette alla prova della tenacia.

L’importanza del proposito.

Come nel precedente articolo notavo che la vita in presenza è sempre donarsi, così bisogna ammettere che niente da un senso come il proposito. Avere una meta che va al di là di sé è non solo altamente motivante, ma anche coerente con la natura dell’essere umano. Siamo qui come parte “sistemica” attiva, ovvero per dare un contributo.
È per questo che bisogna sempre cercare un obiettivo che sia in qualche maniera al servizio, anche piccolo, anche non così tanto (apparentemente) spirituale. La mia supervisora Claudia Casanovas, mi invira spesso a fare attenzione a non fermarsi al servizio “con la ‘s’ minuscola” che è quello che ci trattiene dentro schemi abituali ma insoddisfacenti, ma cercare il Servizio “con la ‘s’ maiuscola” che è quello che ha a che fare con il senso della vita.

Ama e fa ciò che vuoi!
~ Agostino di Ippona

In questo senso, il coaching sistemico e le costellazioni ci danno un’immagine immediata delle dinamiche del nostro ruolo nel sistema attuale e le richieste del sistema che ci aspetta.

Con questo ci riferiamo al fatto che crescere, nella prospettiva sistemica, significa essenzialmente allargare il proprio ambito di riferimento, per es. dall’aiuto in casa, all’aiuto in comunità.

Se ti interessa scoprire di più su questi temi e iniziare a lavorare su una soluzione sistemica per te,  puoi raggiungerci nel

Laboratorio di Costellazioni Sistemiche
Maggio 13 sera e 14 mattina
Napoli – zona Centro Storico